Dalla Giornata internazionale dell’operaia, alla Giornata Internazionale della donna

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Sono passati cento anni da quel lontano 14 giugno 1921  e da quel giorno le lotte delle donne  per i propri diritti, per l’uguaglianza, la parità e le pari opportunità tra uomo e donna non sono mai cessate, anche se ogni giorno, ancora oggi,  quegli stessi diritti, in qualsiasi parte del mondo rischiano di essere messi in discussione dall’odio, dall’intolleranza e dalla discriminazione.

In questo giorno dedicato, di cui  siamo convinti  c’è ancora bisogno,  in questo OTTO marzo 2021 così diverso da tutti gli altri OTTO marzo vissuti finora ,  non possiamo esimerci, in una festa davvero senza retorica, dal ribadire che le donne, cittadine a tutto tondo di questa nostra società devastata dal nemico invisibile, sono le persone che in questo anno di pandemia hanno sacrificato la propria vita per l’altro, chiunque esso fosse (che non vuol dire che anche gli uomini non lo hanno fatto!!!), pagando di persona e a caro prezzo, situazioni che non potevano e  non dovevano essere appannaggio esclusivo  del lavoro di cura esteso al senso più lato del termine.

Gli storici sicuramente scriveranno del 2020 come l’anno della pandemia da Covid-19, ma troppi di noi attoniti e spaventati oggi sii guardano attorno e volte riescono  a vedere solo tutto “l’orribile “ di questo anno. Soggiogati ed annientati da un passato recente che ci ha scoperto fragili, impossibilitati a scorgere un futuro prossimo che sia degno di questo nome, schiacciati dal presente, ci troviamo in punto in cui non abbiamo occhi per vedere un dopo. In questo momento storico, allora  noi che c’eravamo e che abbiamo, per necessità e storia,  trasformato la virtù della resilienza in fulcro, abbiamo il compito di preservare la memoria e il passato che ha fatto grande la storia dell’umanità e di trasmettere, alle nuove generazioni, che oggi sono le più fragili, che la storia non finisce mai, ma ricomincia dall’esperienza di un nuovo umanesimo.

la storia delle donne è una storia scritta dalle donne ogni giorno a caro prezzo, ma è una storia che affonda le sue radici in un recente  passato Dall’inizio del Novecento molti sono gli avvenimenti che hanno contribuito alla lotta per la rivendicazione di questi diritti e molte sono le donne che anche a costo della loro vita hanno rivendicato questi diritti.

In segno di rispettoso e dovuto omaggio alle donne di ieri, di oggi e di domani, vi lascio al discorso di Angela Maria Cingolani una delle ventuno “madri” costituenti, eletta dal suo partito  alla Consulta Nazionale, che il 1 ottobre 1945 nell’aula di Palazzo di Montecitorio ,prima donna a farlo,  prende la parola  tra gli applausi dei colleghi maschi

“Colleghi Consultori – dice con voce calma e forte – nel vostro applauso ravviso un saluto per la donna che per la prima volta parla in quest’aula. Non un applauso dunque per la mia persona ma per me quale rappresentante delle donne italiane che ora, per la prima volta, partecipano alla vita politica del Paese.

Ardisco pensare di poter esprimere il sentimento, i propositi e le speranze di tanta parte di donne italiane. Credo proprio di interpretare il pensiero di tutte noi Consultrici invitandovi a considerarci non come rappresentanti del solito sesso debole e gentile, oggetto di formali galanterie e di cavalleria di altri tempi, ma pregandovi di valutarci come espressione rappresentativa di quella metà del popolo italiano che ha pur qualcosa da dire, che ha lavorato con voi, con voi ha sofferto, ha resistito, ha combattuto, con voi ha vinto e ora con voi lotta per una democrazia che sia libertà politica, giustizia sociale, elevazione morale.

Io amo credere che per questo e solo per questo ci abbiate concesso il voto.

È mia convinzione che se non ci fossero stati questi venti anni di mezzo, la partecipazione della donna alla vita politica avrebbe già una storia e vi dirò che forse è bene che noi entriamo nella vita politica in questa tragica ora che vive l’Italia.

Noi donne che siamo temprate a superare il dolore e il male con la nostra operosità e con la nostra pietà, siamo fiere di essere in prima linea nell’opera di resurrezione a favore del popolo nostro.

Non si tema, per questo nostro intervento quasi un ritorno a un rinnovato matriarcato, seppure mai esistito! Abbiamo troppo fiuto politico per aspirare a ciò; comunque peggio di quel che nel passato hanno saputo fare gli uomini noi certo non riusciremo mai a fare!

Il fascismo ha tentato di abbrutirci con la cosiddetta politica demografica considerandoci unicamente come fattrici di servi e di sgherri, sicché un nauseante sentore di stalla avrebbe dovuto dominare la vita familiare italiana. La nostra lotta contro la tirannide tramontata nel fango e nel sangue, ha avuto un movente eminentemente morale, poiché la malavita politica che faceva mostra di sé nelle adunate oceaniche, fatalmente sboccava nella malavita privata.

Per la stessa dignità di donne noi siamo contro la tirannide di ieri come contro qualunque possibile ritorno ad una tirannide di domani. Non so se risponda a verità la definizione che della donna militante è stata data: “la donna è un istinto in marcia”. Ma anche così fosse, è l’istinto che ci fa essere tutrici della pace. È anzitutto pace serena delle coscienze [da cui] deriva la pace feconda delle famiglie, infine, pace operosa del lavoro. Questa triplice finalità della pace l’Italia di domani la raggiungerà se noi sapremo essere l’anima, la poesia, la sorgente della vita nuova del risorto popolo italiano.

Colleghi Consultori, ho finito; ma come donna e come italiana figlia del mio tempo, sento di non poter meglio concludere se non col sostituire alla mia parola quella ardente della grande popolana di Siena che, a distanza di secoli ed in analoga situazione catastrofica per il nostro Paese, incita ed esalta le donne italiane ad una intrepida operosità, fonte di illuminato ottimismo: “traete fuori il capo e uscite in campo a combattere per la libertà. Venite, venite e non andate ad aspettare il tempo, che il tempo non aspetta noi”.

Buon otto marzo a tutte le donne

                                                                                                                                          Dal cuore

Riccardo Barbati

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